Neurodiversità, la Cenerentola dell’accessibilità digitale

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Quando, molti anni fa, ho iniziato a occuparmi professionalmente di accessibilità digitale e riabilitazione informatica studiavo ancora psicologia. Forse sarà per questo che ho sempre percepito una mancanza, un vuoto, nelle specifiche tecniche di accessibilità digitale, rispetto alla diversità cognitiva. L’università, negli anni Novanta del secolo scorso, non era di certo un ambiente innovativo dal punto di vista informatico, specialmente nei contesti non STEM. Ma qualsiasi appassionato di scienza cognitiva e filosofia della mente che, contemporaneamente, si fosse divertito ad assemblare PC in cantina (e a pagare bollette astronomiche per connettersi a una Rete lenta come una lumaca), non poteva non stupirsi della sostanziale mancanza di attenzione alla mente nelle tecniche di accessibilità del Web che furono pubblicate dal W3C alla fine di quella decade. Credo che ciò dipendesse in parte dalla difficoltà a individuare risposte tecniche alla complessità della diversità psicologica, in parte a disinformazione, stereotipi e pregiudizi che accompagnano da sempre il discorso sulla mente.

Per fortuna le cose stanno cambiando. Nel mio libro dedico un capitolo proprio al tema della progettazione per la neurodiversità. La Cognitive and Learning Disabilities Accessibility Task Force (COGA TF) del W3C negli ultimi anni sta lavorando a una serie di design pattern e linee guida tecniche per rendere i contenuti digitali usabili da persone con neurodiversità e disabilità intellettive, nel libro troverai una mia interpretazione di questi pattern.

Ma per affrontare qualsiasi discorso tecnico è necessario ricordarsi di cosa si parla quando si usano termini come memoria, ragionamento, attenzione e, in generale tutte le funzioni cognitive che il design dovrebbe facilitare o, quantomeno, non ostacolare. Io sono convinto che designer e programmatori dovrebbero essere formati su questi temi per essere in grado di progettare interfacce realmente usabili. Ecco una sintesi delle funzioni cognitive umane con qualche spunto che aiuta a capire cosa può succedere quando non funzionano come ci aspetteremmo.

Memoria

La memoria può essere classificata in diverse categorie: a breve e a lungo termine, di lavoro (simile a quella a breve termine ma con in più la capacità di trattenere e manipolare mentalmente le informazioni per brevi periodi di tempo), episodica, visuale e visuo-spaziale, uditiva, musicale, procedurale, prospettica (cioè ricordarsi di fare cose nel futuro: per esempio pagare le bollette in tempo o rispettare un appuntamento), emozionale, eccetera. 

Nelle persone dislessiche la memoria di lavoro è debole. Rende più complesse le azioni quotidiane che la richiedono, per esempio ascoltare, ricordare e poi seguire indicazioni formulate in più passaggi; oppure ricordare una domanda per un tempo sufficiente a riflettere e formulare una risposta; o eseguire i passaggi di una ricetta senza guardarla; fare calcoli aritmetici a mente, ecc. Una memoria di lavoro debole può ostacolare l’apprendimento e la produzione fonologica a tutti i livelli. È fondamentale sia per collegare le informazioni conservate nella memoria dichiarativa, recuperando il significato e la pronuncia delle parole, sia per trattenere in memoria a breve termine e mettere in sequenza i suoni per la corretta ortografia e per comporre, trattenere e collegare le idee in un testo scritto. La memoria di lavoro è alla base della comprensione e della fluidità della lettura. Anche nelle persone con disturbo dello spettro autistico sembra che la memoria di lavoro sia quella più debole. Gli individui autistici ad alto funzionamento (cioè che hanno difficoltà nella comunicazione non verbale e nella socializzazione ma non nel linguaggio verbale e nell’autonomia e non hanno una disabilità intellettiva) sembrano avere difficoltà con la memoria autobiografica, cioè la capacità di ricordare esperienze personali. Le persone con disturbo da deficit di attenzione e iperattività, sia bambini sia adulti, possono avere problemi con la memoria di lavoro e quella a lungo termine (a causa dei problemi di apprendimento). Le persone con disabilità intellettive hanno gravi deficit nel funzionamento della memoria che dipendono dalla specifica disabilità. Per esempio nelle persone con sindrome di Down è stato dimostrato un deficit diffuso nella memoria a lungo termine esplicita (o dichiarativa), che consente di ricordare volontariamente gli episodi della vita ma anche i nomi di cose, luoghi, persone, ecc., rispetto a quella implicita (o procedurale), che riguarda conoscenze come saper andare in bicicletta o saper leggere, che, una volta acquisite, sono richiamate in modo automatico. Nella sindrome di Williams sembra, invece, che sia quella implicita ad essere relativamente compromessa 1.

Funzioni esecutive

È un termine ombrello che indica abilità cognitive di alto livello che controllano e regolano altre abilità e comportamenti più basilari (come l’attenzione, la memoria e le abilità motorie). Rappresentano il prerequisito per le azioni rivolte a uno scopo e alla risoluzione di problemi. Includono: la capacità di mantenere l’attenzione; organizzare, pianificare, gestire il tempo e stabilire priorità; iniziare un compito e rimanere concentrati fino al completamento; regolare le emozioni; autocontrollarsi resistendo ad azioni impulsive e inibendo comportamenti inappropriati; e la flessibilità cognitiva (o shifting) che consente di adattare in modo appropriato pensieri e comportamenti in risposta a cambiamenti nelle richieste dell’ambiente.

I deficit delle funzioni esecutive sono associati a molti disturbi psichiatrici e dello sviluppo, tra cui il disturbo ossessivo-compulsivo, la sindrome di Tourette, la depressione, la schizofrenia, il disturbo da deficit di attenzione e iperattività e i disturbi dello spettro autistico. Per esempio, le persone con autismo hanno difficoltà a cambiare strategia durante le attività quotidiane o ad adattare la loro prospettiva durante le interazioni sociali e nei cambiamenti delle routine. I bambini con disturbo da deficit di attenzione e iperattività hanno difficoltà nel mantenimento dell’attenzione e presentano alti livelli di variabilità nei comportamenti momento per momento. La natura e la gravità di questi problemi possono differire tra i vari disturbi e anche all’interno di essi. Le demenze a insorgenza tardiva, tra cui la malattia di Parkinson e la malattia di Alzheimer, sono caratterizzate da rigidità e inflessibilità cognitiva.2 Anche il normale declino cognitivo nell’invecchiamento può determinare deficit nelle funzioni esecutive.

Ragionamento

Il ragionamento è la capacità di usare la logica per trarre conclusioni, usando conoscenze acquisite (intelligenza cristallizzata) e/o nuove informazioni (ragionamento fluido). Gli esempi più comuni sono il ragionamento deduttivo, in cui si parte da un’ipotesi e poi si fanno osservazioni o riflessioni razionali per convalidarla o confutarla; quello induttivo, in cui si parte da uno o più casi specifici per derivare una regola generale; quello abduttivo, in cui si crea un’ipotesi esplicativa, che può o meno essere vera, rispetto a un fenomeno osservato per cui non esiste già una spiegazione. Tipicamente il concetto di ragionamento è associato all’intelligenza logico-matematica che implica la capacità di identificare schemi logici o numerici e comprendere e utilizzare relazioni astratte. I processi coinvolti includono la categorizzazione, la classificazione, l’inferenza, la generalizzazione, il calcolo e la verifica di ipotesi. 

Le persone con dislessia non hanno difficoltà di ragionamento ma usano strategie basate su rappresentazioni mentali visive al posto di usare quelle verbali e astratte. Chi ha una disabilità intellettiva ha deficit nelle funzioni intellettive come il ragionamento, la risoluzione dei problemi, la pianificazione, il pensiero astratto, il giudizio, l’apprendimento accademico e l’apprendimento dall’esperienza. Le persone con disturbi dello spettro autistico tendono ad avere maggiori capacità di pensiero logico e ridotte capacità di ragionamento intuitivo.3 Le persone con disturbo da deficit di attenzione e iperattività possono avere difficoltà nel ragionamento fluido, che può essere correlato all’autoregolazione della cognizione e del comportamento e richiede siano intatte la capacità di attenzione, la memoria di lavoro e le capacità di inibire o controllare le risposte impulsive o automatiche.4

Attenzione

L’attenzione è quel processo di focalizzazione della coscienza che consente di rendere alcuni oggetti, sensazioni o pensieri più vividi e chiari. È tradizionalmente classificata in diversi tipi. La concentrazione, quando ti focalizzi su un compito senza distrarti finché non lo termini o è passato un certo periodo di tempo, per esempio scrivere una email o un articolo, leggere un libro, guardare un video o giocare a un videogioco. L’attenzione alternata, in cui sposti avanti e indietro la focalizzazione da un compito a un altro che richiede processi cognitivi differenti, per esempio leggere le istruzioni mentre monti un mobile Ikea. L’attenzione selettiva, in cui scegli tra molti fattori o stimoli e ti focalizzi solo su quello che ti interessa escludendo le distrazioni interne (pensieri ed emozioni) o esterne, per esempio quando ti immergi in una conversazione in un ambiente molto rumoroso. L’attenzione condivisa, in cui elabori simultaneamente due o più risposte o reagisci a due o più richieste: il famigerato multitasking (famigerato perché non è efficiente come qualcuno crede dato che il nostro cervello non lavora in parallelo e non ha risorse infinite), per esempio quando parli al telefono mentre prepari il caffè o quando guidi l’auto scrivendo un messaggio con lo smartphone (non farlo, se non vuoi che sulla tua lapide qualcuno scriva: «Credeva nel multitasking»).

Secondo alcuni studi esiste una correlazione tra deficit di attenzione e dislessia mentre altre ricerche non la confermano.5 Le persone con disturbo da deficit di attenzione e iperattività sono incapaci di prestare attenzione anche quando vogliono farlo (una condizione che può, però, migliorare con il trattamento). Alcune persone con autismo, invece, possono essere iperconcentrate per lunghi periodi su una sola situazione e distrarsi facilmente da quelle per cui non provano interesse. Quando coesistono le due condizioni, sembra essere compromessa maggiormente la capacità di concentrazione. Sembra che il deficit di attenzione abbia un tasso di prevalenza più elevato nelle persone con disabilità intellettive. La compresenza di disturbi differenti è un tema complesso. In passato, per esempio, si riteneva che la maggior parte delle persone con autismo avesse anche una disabilità intellettiva, ma ci sono opinioni contrarie. Per esempio in uno studio del 2016 è emerso che la prevalenza della disabilità intellettiva in bambini e adolescenti italiani con autismo è del 47,6%, meno della metà del campione. Il motivo di queste differenze rispetto alle ricerche del passato è che il metodo di valutazione delle abilità cognitive tende a sottostimare le capacità di intelligenza delle persone con autismo se non si usano strumenti di screening studiati specificamente.6

Parola, lingua e alfabetizzazione

Sperando che la linguistica non sia il tuo campo (se così fosse ti chiedo scusa per la brutale semplificazione) in estrema sintesi, per comunicare attraverso il linguaggio devi essere in grado di percepire, pianificare e produrre suoni vocali e imparare una lingua, che è composta da un insieme di simboli e dalle regole per combinarli. La capacità di leggere e di scrivere determina il tuo livello di alfabetizzazione. I processi coinvolti in queste abilità sono sensoriali, motori e, ovviamente, cognitivi.

Le persone con afasia, un disturbo del linguaggio che deriva da un danno al cervello, generalmente dopo un ictus, possono avere difficoltà a comprendere ciò che gli altri dicono. Quando parlano, possono mescolare l’ordine delle parole o usare parole errate o, in casi più gravi, pronunciare parole prive di significato. L’afasia influenza la capacità di seguire o partecipare a una conversazione e può compromettere la comprensione del linguaggio scritto e la scrittura. Idiomi, metafore, similitudini e altre forme linguistiche che contengono nozioni astratte possono causare problemi alle persone afasiche. Le persone con dislessia hanno difficoltà nel riconoscimento accurato o fluente delle parole e scarsa capacità di decodifica e ortografia. Possono avere problemi nel sillabare le parole e nello scandirle nella propria mente, nella lettura, nella scrittura e nella pronuncia. Questo può portare ad avere difficoltà nel comprendere ciò che leggono. Le persone con disabilità intellettive presentano ritardi nello sviluppo del linguaggio e, per esempio, possono avere difficoltà a usare e comprendere la lingua parlata o scritta e apprendere nuove informazioni.


Questo elenco spero ti abbia dato un’idea sia della vastità delle diversità intellettive sia dei pregiudizi che abbiamo nei confronti della neurodiversità e che ti stimoli ad approfondire (magari leggendo il mio libro, ah ah ah). Come designer devi fare una scelta etica: progettare per tutti significa accogliere la diversità e comprendere che un’interfaccia e un contenuto sono realmente accessibili e usabili solo se non discriminano nessuno. 

  1. Stefano Vicari, Floriana Costanzo, Deny Menghini, “Chapter Four – Memory and Learning in Intellectual Disability”, in International Review of Research in Developmental Disabilities, v. 50 (2016), pp. 119-148
  2. Lucina Q. Uddin, “Cognitive and behavioural flexibility: neural mechanisms and clinical considerations”, in Nature Reviews Neuroscience, v. 22 (2021), pp. 167-179
  3. Mark Brosnan, Marcus Lewton, Chris Ashwin, “Reasoning on the Autism Spectrum: A Dual Process Theory Account”, in Journal of Autism and Developmental Disorders, v. 46, n. 6 (2016), pp. 2115-2125
  4. Leanne Tamm, Jenifer Juranek, “Fluid Reasoning Deficits in Children with ADHD: Evidence from fMRI”, in Brain Research, v. 1465 (17 July 2012), pp. 48-56
  5. Limor Lukov, Naama Friedmann, Lilach Shalev, [et al.], “Dissociations between developmental dyslexias and attention deficits”, in Frontiers in Psychology, v. 5 (12 January 2015)
  6. Valentina Postorino, Laura Maria Fatta, Veronica Sanges, [et al.], “Intellectual disability in Autism Spectrum Disorder: Investigation of prevalence in an Italian sample of children and adolescents”, in Research in Developmental Disabilities, v. 48 (January 2016), pp. 193-201