C’è un moralista nascosto dentro ognuno di noi

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Moralismo e bigotteria sono in agguato anche nella mente delle persone che consideriamo evolute e attaccano quando meno te lo aspetti. Ma partiamo dall’inizio, che cos’è il moralismo? Secondo il vocabolario on line Treccani, il moralismo è la:

s. m. [der. di morale]. – 1. Tendenza a dare prevalente o esclusiva importanza a considerazioni morali, spesso astratte e preconcette, nel giudizio su persone e fatti della vita, della storia, dell’arte; atteggiamento di rigida e talora eccessivamente conformistica difesa dei principî della morale comune […]

Nel mio libro affermo che insicurezza, ignoranza e arroganza sono i Tre Moschettieri del pregiudizio. In realtà dovremmo aggiungerne un quarto: il moralismo, che si genera attraverso l’assorbimento di principi conformistici grazie alla famiglia, gli amici e, più in generale, la nostra cultura. Mentre, però, una persona può evolversi e non essere più insicura, ignorante o arrogante, tutti avremo sempre dentro di noi qualche traccia di moralismo, perché, che lo si ammetta o meno, ci siamo formati tutti attraverso la lente deformante della morale comune:

Per quanto possa sembrare strano, anche il nostro sistema di credenze è soggetto ai vincoli biologici con cui siamo nati. Una realtà oggettiva identica per tutti non esiste, dato che ogni essere umano percepisce il mondo in un modo leggermente diverso. Ognuno vive nella propria realtà fatta su misura, un’illusione soggettiva basata sulle caratteristiche peculiari del suo cervello. La nostra comprensione del mondo si fonda sull’interazione tra la fisiologia del cervello e le nostre esperienze passate, la nostra storia percettiva. Perciò tendiamo a vedere solo ciò che ci aspettiamo in una determinata situazione, e questo fatto rinforza le nostre precedenti valutazioni e opinioni agendo come un circuito di feedback continuo che modella le percezioni future in modo che la realtà continui ad adattarsi alla nostra visione del mondo. In questo modo stereotipi e pregiudizi si consolidano nel tempo.
Durante la nostra vita interiorizziamo gradualmente idee sul mondo e sugli altri attraverso le relazioni significative come la famiglia, gli amici, la scuola, il lavoro, ecc. Anche i mass media, chiaramente, influenzano e rinforzano il nostro modello del mondo, insieme a religione, economia e politica. Indossiamo fin da bambini una serie di lenti deformanti e la nostra realtà (s)oggettiva è forgiata dalla narrazione dominante della cultura (o microcultura) in cui siamo immersi.

Marco Bertoni, People Matter. Una conversazione su inclusione, lavoro e accessibilità digitale, Roma, UXU Edizioni, 2023. (ehm… citare sé stessi è imbarazzante lo so)

Facciamo due esempi che si basano su una variante della discriminazione basata sull’età, l’ageism. Negli anni Novanta ero ventenne (sono nato a novembre del 1970) e qualche volta, quando racimolavo abbastanza soldi, andavo a farmi una mangiata in un ristorante nei vicoli di Genova di proprietà di un conoscente (si mangiava bene lì, ma costava un botto belin!). Di solito mi fermavo fino alla chiusura per fare quattro chiacchiere. Una sera entrò una coppia di amici del proprietario, lei quasi cinquantenne e lui ventiseienne se non ricordo male. Iniziammo a conversare e io, per qualche minuto, sperimentai un pregiudizio sulla differenza d’età di quella coppia (l’avrei sperimentato anche se lui ne avesse avuti cinquanta e lei ventisei ovviamente). Quante volte abbiamo sentito stigmatizzare da parenti, amici (o dai media) coppie di adulti con una grande differenza d’età? Un altro esempio di questo pregiudizio moralistico mi capitò a Torino, sempre in quel periodo. Ero seduto, pensieroso, su un tram che si dirigeva verso l’università e, a un certo punto, una bimba mi si parò davanti, sorrise e mi salutò, vicino a lei stava un uomo sulla settantina, che io individuai immediatamente come il nonno. Lei mi disse che no, quello era il suo papà, e passò oltre. Il suo gioco di quel giorno era salutare tutti.

Immagino tu abbia capito il punto. Il mio moralismo astratto e preconcetto sulla differenza di età “giusta” per una coppia e sull’età “giusta” per avere una figlia piccola aveva alterato la percezione della realtà attraverso il filtro della morale comune. Quegli episodi mi fecero riflettere e, negli anni, cercai di prevenire il mio (pre)giudizio sulla vita altrui. Non si può eliminare il moralismo nascosto nelle pieghe della nostra mente, ma si può imparare a riconoscerlo quando si manifesta e neutralizzarlo con la razionalità.

Nel caso specifico, quando si tratta di due persone adulte, non ci sono età reciproche “giuste” per flirtare o innamorarsi, e una bimba di quattro anni può certamente avere un padre che ha i capelli bianchi e le rughe di una vita sul volto. Siamo noi che coloriamo di vergogna ciò che non capiamo. Il mondo è molto più complesso del piccolo modello provinciale che abbiamo costruito di esso nella nostra mente.

Se ti senti a disagio in una situazione, che so, quando qualcuno afferma qualcosa o agisce un comportamento che non corrisponde alla tua moralità, devi avere l’intelligenza di chiederti se non sia tu, con i tuoi naturali pregiudizi frutto del moralismo che hai interiorizzato, ad essere la causa del tuo disagio e non gli altri, che stanno semplicemente vivendo la loro vita. Ho sempre pensato che questa sorta di ossessione per la vita altrui sia patologica. La patologia non è nel moralismo in sé, che è inevitabile, ma comincia nel momento in cui imponi la tua morale alle persone che ti circondano.

PS: La foto in evidenza è di Alexander Grey su Unsplash, spero l’autore non ne abbia a male ma mi ha fatto pensare a un moralista che ti giudica ; )