Foto di gruppo della classe del secondo anno di Marketing

Il mio modo di fare formazione

Scritto il

e aggiornato il 2 Febbraio 2023

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Qualche anno fa ho deciso di sperimentare una mia versione di formazione sociocratica con gli allievi di una classe del corso di Marketing e comunicazione d’impresa di Accademia di Comunicazione. Ho diviso gli allievi in quattro cerchie e a ognuna di esse ho assegnato la responsabilità di una delle discipline che avevo il compito di introdurre: accessibilità digitale, architettura dell’informazione, service design, ricerca sugli utenti.

Le prime lezioni sono servite sia per introdurre brevemente ogni disciplina, sia per spiegare il metodo di lavoro e l’impegno richiesto. Ad ogni cerchia ho assegnato il compito di preparare, di lezione in lezione, una presentazione relativa a uno specifico argomento della disciplina di cui erano responsabili e di raccontarlo agli altri, rispondendo anche alle eventuali domande. Al termine di ogni presentazione la cerchia presentante usciva dall’aula e gli altri valutavano sociocraticamente la loro prestazione, discutendo e assegnando loro un voto basato sui parametri di chiarezza e completezza del contenuto ed efficacia dell’esposizione. Nella pausa tra una lezione e l’altra, ogni gruppo, oltre a preparare il nuovo argomento da presentare, correggeva il materiale della settimana precedente sulla base dei feedback ricevuti dagli altri gruppi e da me. A metà del percorso ho mescolato le carte facendo in modo che ogni cerchia lavorasse per una settimana sulla presentazione di un altro gruppo, mettendosi letteralmente nei panni degli altri. Al termine del percorso ho chiesto loro di valutare la mia performance come docente attraverso una decisione sociocratica (ovviamente, non ti dirò mai il voto che mi hanno dato).

La sintesi di ciò che è successo in questo esperimento è che la quantità di nozioni che le cerchie hanno trasmesso l’una all’altra è stata molto superiore a quanto io fossi mai riuscito a ottenere in un setting tradizionale docente/discenti. Un aspetto fondamentale dato che avevamo pochissime ore a disposizione per trasmettere almeno una conoscenza di base di tutte queste discipline. Hanno imparato a valutare e valutarsi accettando le critiche e, quando si sono ritrovati a lavorare sul materiale degli altri, hanno capito (almeno, questa è stata la mia impressione) quanto la collaborazione sia molto più utile della competizione. Ma le differenze individuali esistono e sono naturali, quindi il lavoro di una delle cerchie è risultato il migliore, non sulla base del giudizio autoritario di un docente, ma grazie alla decisione collettiva di tutte le cerchie.

Questa non è un’applicazione dogmatica della sociocrazia ma i metodi non sono religioni e le prassi non sono liturgie. Qualche tempo dopo ho provato a usare lo stesso approccio con un altro gruppo di studenti e questa volta è andata male. Questo per dire che il successo o il fallimento di un approccio egualitario come questo dipende da molti fattori, tra i quali il livello di evoluzione di tutte le persone coinvolte.