Fantozzi circa 1974–75 - Paolo Villaggio in Courmayeur

Il Fantozzi che è in noi

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L’azienda contemporanea, quando è disfunzionale, è uno degli habitat migliori per incontrare l’inautenticità praticata in ogni relazione. Come affermava iperbolicamente il geniale Fontana:

L’azienda è il luogo dove persone adulte subiscono traumi infantili. Là, dove ci sono traumi infantili su bambini, siamo in asilo. Dove ci sono traumi adulti su adulti, siamo in carcere. L’azienda è il gioioso punto di incontro tra carcere e asilo.

Walter Fontana (Dott. Frattale)

Se ti vuoi divertire, leggi i libri di Paolo Villaggio su Fantozzi, in particolare i primi due. Noterai che la classe dirigente è ridicolizzata a partire dalla gerarchia di improbabili aristocratici che dirigono uffici surreali, ed è vista come profondamente disonesta o decisamente cattiva. Ma il messaggio va oltre la contrapposizione tra classi sociali, l’appartenenza politica o il ruolo aziendale. Non a caso, un bel giorno, il Megadirettore dichiarerà a Fantozzi di essere quasi d’accordo con il comunismo, definendosi un medio-radicale, salvo poi far tendere retoricamente all’infinito il punto d’incontro tra i loro due mondi. 

Mentre i top manager fantozziani, quasi sempre, sono raccontati come un male inevitabile, come un assioma del sistema formale della Megaditta, sono i colleghi arrivisti e servili, secondo me, ad essere maggiormente stigmatizzati. Cialtroni che fingono identità non proprie, come Calboni, che si atteggia a uomo di mondo ma vive a scrocco, o Catellani, il dirigente che ha iniziato dal basso ma che si vergogna di non avere la laurea e finge di conoscere il latino per darsi un tono. Persone incastrate in un ruolo, che non fanno nulla di concreto per disincagliarsi.

Addirittura l’amata signorina Silvani, è, in alcune occasioni, pesantemente insultata da Fantozzi con una sincerità meravigliosamente liberatoria.

Il vero dramma dei personaggi raccontati da Villaggio, quindi – e i knowledge workers contemporanei, secondo me, sono tutti gravemente fantozziani – è l’impossibilità di vivere una vita autentica in un sistema che premia l’inautenticità.

Nei libri di Villaggio, tra le righe, emerge però un dettaglio illuminante: il congiuntivo lo sbagliano tutti, inclusi i dirigenti. Per esempio Folchignoni, il cui ruolo aziendale è impressionante: Direttore Naturale di tutto, dice, a un certo punto, a Fantozzi: «Alle nove vadi avanti lei con Pier Ugo a tenerci il posto per me e mia moglie al Kyoto.» Pier Ugo è il cane che, a causa di un errore di comunicazione di Fantozzi con il cuoco giapponese, sarà poi cucinato e servito per cena ai coniugi Folchignoni.

Ecco rivelato l’elemento che accomuna i cialtroni di ogni ceto sociale e di ogni ruolo aziendale: l’ignoranza.